Si inaugura giovedรฌ 29 novembre la mostra Dialoghi, presso la Galleria Federico Rui di Milano, con opere di Attilio Forgioli e Martina Antonioni, a cura di Emanuele Beluffi, secondo appuntamento della serie di mostre dedicate al dialogo tra maestri e contemporanei.
Vi sono tratti comuni e di continuitร nella ricerca di artisti lontani anagraficamente e geograficamente
Tratti riconducibili comunque alla pittura, alla figurazione, non intesa come mera rappresentazione della forma, ma come interpretazione della stessa. Attraverso un confronto fra le opere, appare evidente un dialogo in divenire e di continui rimandi, dove l’ereditร del mondo classico e moderno viene elaborato in chiave contemporanea.Attilio Forgioli (Salรฒ, 1933) รจ una delle voci piรน significative della pittura postinformale italiana. Partendo dalla Nuova Figurazione, negli Anni Sessanta, Forgioli inizia a dipingere trovando nel paesaggio uno dei suoi temi piรน congeniali, ricostruendo l’immagine dopo le dissoluzioni dell’informale
Dino Buzzati scriveva in quegli anni
scioglie dentro di sรฉ il paesaggio in modo che si spanda nelle viscere e nel sangue
Le sue opere non sono evocatrici di forme usuali e precise, schematiche riproduzioni di luoghi, animali, cose consuete, bensรฌ immagini che suscitano emozioni, rivelano figure nascoste attraverso segni e colori che rimandano a una interioritร . In Forgioli non esistono campiture. La stesura dei colori รจ sempre ansiosa, disagiata, condotta a pennellate brevi e magre, a volte violente, con improvvisi ripensamenti, correzioni, intuizioni, irritazioni, cambiamenti di percorso e di idea.
Scrive Elena Pontiggia
Guardando le sue case, i suoi animali, i suoi paesaggi, soggetti tra loro diversissimi, si nota che il modo di dipingerli รจ, in realtร , uno solo. Un modo, per cosรฌ dire, esistenziale
Scrive Elena Pontiggia
Guardando le sue case, i suoi animali, i suoi paesaggi, soggetti tra loro diversissimi, si nota che il modo di dipingerli รจ, in realtร , uno solo. Un modo, per cosรฌ dire, esistenziale
Anche Martina Antonioni (Milano, 1986) interpreta una figurazione in chiave post informale, dove i vuoti sono tutt’uno con la composizione. Pochi gesti e pochi tratti, danno un tracciato, un’idea, un sogno. Quasi si vuole solamente suggerire una composizione, e l’animo dello spettatore รจ libero di finire il racconto iniziato secondo la sua sensibilitร .
Marta Gabriele cosรฌ descrive il lavoro di Martina Antonioni:
In questa surrealtร astratta, onirica e concreta, il suono non si distingue dal rumore, cosรฌ come il segno dalla forma e il vuoto dallo sfondo. Le opere nascono dalla indefinita imperfezione che caratterizza la vita, dove immaginario e reale, linea e colore si incontrano, accogliendo l’una nello spazio incompiuto dell’altro, lasciando trasbordare l’una l’esuberanza dell’altro, in una infinita trama in divenire